Paola D Arpino – 14 Gennaio 2010
Dall’alto potresti confonderla con un frammento d’Olanda, un brano di Amsterdam, un cotrappunto di tetti ed acqua.
Vie dritte intersecano ampi e liquidi flussi, morbidi e sinuosi, che ondeggiano la vista, curvano le forme urbane, accarezzano la terra. Quell’accenno di sinusoide è un fiume che delicatamente si divide e duplica, divarica i suoi arti e abbraccia l’Isola donandole la melodia allegra di una piccola rapida che s’infrange su un masso, poi l’adagio di un tratto tranquillo e lento, poi il frastuono furioso, umido e bianco della cascata.
Un concerto d’immagini ed acqua continuo e perenne accompagna il ritmo del tempo che scorre insieme ad esse. E’ la sinfonia unica e costante di Isola del Liri.
Molti concorsi di architettura, mostre di arte contemporanea, libri, riassumono il loro concept con un titolo : “Lo spazio ritrovato”. Per piazza SS. Triade di Isola del Liri invece, lo spazio …si sta perdendo. Il progetto di “riqualificazione” elaborato e presentato propone una totale trasformazione, da quello che era uno spazio aperto, una piazza di libera circolazione, in uno spazio costruito e chiuso, bloccato da un edificio.
Siamo ancora una volta “distratti” da quello che il grande maestro Zevi chiamava “equivoco dell’esperienza spaziale architettonica” ovvero che essa si possa avere solo all’interno di un edificio, cioè che praticamente non esista o non abbia valore lo spazio urbanistico. Continua Zevi : “L’esperienza spaziale propria dell’architettura si prolunga nella città, nelle strade e nelle piazze, nei vicoli e nei parchi, negli stadi e nei giardini, dovunque l’opera dell’uomo ha limitato dei vuoti, ha cioè creato degli spazi racchiusi… ”.
Si tratta certo di saper vedere la città come opera d’arte, dalle emergenze architettoniche all’arredo di piazze e strade, per una fruizione mobile, cinetica, in un’ottica modernamente scindibile ed allontanante dalla antica concezione latina dell’Horror vacui, la cui repulsione, persistendo per secoli, ha indotto a riempire ogni luogo disponibile, ogni area ampia riducendola, ogni interno barocco colmandolo, coinvolgendo anche i giardini italiani, geometrizzando, quadrando, nell’esigenza di ridurre tutto in forme chiuse da assiepare di oggetti, tanto che anche gli elementi vegetali subiscono l’arte topiaria.
E’ il timor panico dell’indefinitezza dell’aperto, contrapposto all’estasi dell’esperienza del finito e delimitato. E’ l’agoràfobia del terzo millennio. Perchè ?
Eppure uno spazio urbano libero è l’unico dove possiamo vivere una pausa ed osservare ciò che ci circonda, il paesaggio, il tempo, le nuvole, le stagioni. Come nei silenzi delle pause musicali, quei dosati vuoti-assenze di suono, in una assenza di costruito possiamo godere dell’intorno.
E’ solo fermandoci un poco davanti al Liri che potremmo apprezzarne il suo canto, magari confuso e fuso con quello di allegri bimbi che potrebbero giocare in uno spazio attrezzato tutto per loro accanto ad aree dotate di arredo urbano idoneo alla sosta per genitori e nonni. Magari in un angolo potrebbe esserci, (visto che la materia prima non manca !) una fontana con giochi d’acqua per le calde giornate estive, un libro in pietra con incisi i nomi delle Guest stars di Isola del liri, quelli che una volta venivano ossequiosamente definiti “gli uomini illustri” della nostra terra, uomini e donne ormai trascurati e dimenticati. Potrebbero esserci 3 gradini dove far accomodare una scolaresca per una primaverile lezione en plan air sulla storia locale, ora tanto cara e raccomandata dai programmi didattici, o per una estemporanea di pittura a tema, sulla città ed il suo fiume.
Sono molteplici, forse infinite, le possibilità alternative che lasciano spazio alla fantasia e al libero movimento in un ambito urbano ma fruibile per tutti.
Nella situazione di progetto di piazza Trito gli spazi urbanistici, gli spazi di relazione, non ci sono più, date le loro limitate dimensioni divengono solo spazi di risulta, di servizio all’edificio stesso, non sono più spazi “urbani”, della città, ma spazi privati dell’edificio, il quale, nell’obiettivo di massimizzare la disponibilità di area, si allinea con le direzionalità preesistenti “perdendo” la grande valenza specifica del luogo, ovvero la sua particolarità di trovarsi ai bordi di un fiume e di goderne la visuale.
Dalla pubblicazione del progetto dell’arch. Purini, le critiche sono state tante, anche sulla “bellezza” o meno della proposta. Ma, Purini non ha fatto altro che essere fedele al suo modo di concepire ed interpretare l’architettura, un modo che certamente non piacerà a tutti, ma indubbiamente ha l’onestà di non voler illudere nessuno con sentimentalismi e malinconie di falsi ed ingannevoli storicismi. Diversamente sarebbe andata se fosse stata fatta una concertazione di professionisti, con una solida componente locale, per stabilire prima di tutto cosa fare, l’obiettivo da perseguire e che futuro dare a quel luogo. Magari stabilendo tra i requisiti anche dei criteri di ecososteniblità o di sotenibilità comparata all’utilità per tutti gli abitanti.
Stabilito l’obiettivo, vista l’entità dell’intervento, il secondo passo avrebbe potuto essere un aperto concorso di idee che avrebbe potuto mettere a confronto le proposte e la genialità di figure diverse.
Sarebbe stato un bel momento di apertura e di crescita anche culturale perchè avrebbe potuto dare seguito ad una bella mostra di tutti i progetti arrivati al concorso, una mostra aperta e pubblicizzata a “tutti” i cittadini, e perchè no, a livello regionale e nazionale, che avrebbe posto l’attenzione del mondo sulla città italiana unica per la sua singolare caratteristica di essere una sorta di isola tra due bracci di un fiume ed avere una cascata con uno scenografico salto di ben 30 metri in pieno centro cittadino.
“….il respiro e l’unitarietà di un brano musicale formato da un insieme di accordi; un complesso di momenti sonori dove il precedente rende comprensibile ed evidente il successivo; accordi coesistenti e liberi ad un tempo, uniti dalle pause, dalla capacità coesiva del silenzio. “ (C. De Sessa)
Paola D’Arpino
14 01 2010
Bibliografia di riferimento :
Cesare De Sessa – Capire lo spazio architettonico. Studi di ermeneutica spaziale. – Officina Edizioni . Roma 1990
Franco La Cecla – Contro l’architettura – Bollati Boringhieri – Anno 2008
Paolo Marzano – “L’architetturazione del paesaggio contemporaneo – Richiami di Neue sachlichkeit (Nuove oggettività) dell’urbano a venire” – Cinque edifici ecocompatibili progettati dall’architetto Andrea Giunti – De Luca Editori d’Arte. 2007
Paolo Marzano – Ibridazioni II capitolo
Bruno Zevi – Saper vedere la città. Ferrara di Biagio Rossetti, «la prima città moderna europea» – Einaudi 2006.
Foto
1 – Isola Liri ( in bianco lo spazio attuale della piazza)
2 – Il progetto dell’edificio da realizzare
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